Come Premio d’informazione, siamo interessati a capire quali dinamiche economiche e sociali si inneschino al sorgere di fenomeni di cronaca nera in un dato luogo e come queste dinamiche potenzialmente vadano ad incidere sulla vita delle persone. Con l’hashtag #uncuoreinformato, non potevamo non essere incuriositi dal discussion panel della decima edizione del Festival del Giornalismo di Perugia intitolato “Cronaca nera: Effetti collaterali“. L’incontro è stato estremamente interessante, a partire dai partecipanti al dibattito: Lucia Annunziata direttore de L’Huffington Post Italia; Antonio Campo Dall’Orto, direttore generale Rai; Duilio Giammaria, Tg1; Nino Rizzo Nervo, presidente CISSFAGR; Antonio Socci, direttore Scuola di Giornalismo Perugia. Riassumendo, ecco i temi che sono risultati dalla discussione.
La cronaca nera contraddistingue da altri fenomeni mediatici principalmente per la presenza di ingredienti come l’intrigo, il mistero, il dramma, la morbosità, le tante sfaccettature di storie amorose delle persone coinvolte nei casi; ognuno di questi ingredienti, esulando dalla pura e semplice notiziabilità, spesso contribuisce a serializzare la cronaca nera ed i delitti ad essa legati, innescando una morbosità mediatica di cui abbiamo spesso avuto negli anni casi emblematici: il delitto di Perugia (omicidio Meredith Kercher), di Cogne (Annamaria Franzoni), di Avetrana (omicidio Sarah Scazzi) o Brembate (omicidio Yara Gambirasio) ne sono solo alcuni esempi.
La presenza di figure archetipiche che eccedono il semplice intento di presentare dei fatti (pensiamo a descrizioni troppo dettagliate sul come si è svolto un omicidio; o l’esaltazione degli atteggiamenti che hanno condotto a determinate conseguenze) tendono a mercificare la cronaca nera, che da “dovere” del giornalismo si trasforma in strumento con cui la politica può raggiungere fini diversi da quelli di sua competenza. Emerge quindi la responsabilità del ruolo dei giornalisti. Essi sono la figura centrale del fatto di cronaca che, nel modo di presentare i fatti e comunicarli nel tempo, diventa mediatore dello spettatore con la realtà. Essendo la cronaca nera un dovere del giornalismo, al servizio della popolazione, non si ritiene pensabile il “non farla”. Si dovrebbe, invece, riflettere sul modo in cui le notizie debbano o possano essere lette, commentate, raccontate, interpretate e percepite; sarà necessario, cioè, riflettere su quale valore avrà la notizia fornita dalla cronaca nera, su quale valore tale informazione avrà per il pubblico. Se nella carta stampata o nella televisione la competenza e la sensibilità dei giornalisti era fattore essenziale per la creazione della buona informazione, oggi con il web – dove gli stessi potenti strumenti sono equamente disponibili ed accessibili – la competenza di questi importanti mediatori diventa cruciale.
Ci ha fatto piacere constatare che tanto gli ospiti del dibattito quanto i ragazzi della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia, autori del reportage presentato durante l’incontro, si sono dimostrati sensibili agli effetti prodotti dalla cronaca nera sulle vite dei cittadini. Con le sue dinamiche narrative, a partire dall’arrivo delle telecamere fino all’individuazione del colpevole, difatti, il processo mediatico non condiziona soltanto la quotidianità degli abitanti di un luogo (muovendo persino l’opinione pubblica – spesso oltreoceano, come è stato nel caso del caso Kercher) ma decreta anche una risposta psicologica così forte sulla vita delle persone da causare forti ripercussioni economiche per le attività commerciali locali.