(La versione originale di questo mio articolo è pubblicata sul blog Condividi et Impara – questo il link all’articolo originale)
Portare il digitale a scuola sotto forma di nuovi spazi educativi, ma anche soprattutto di nuove competenze e conoscenze e di formazione per i nostri insegnanti era l’auspicio – ambizioso ma secondo chi scrive raggiungibile – con cui il PNSD si proponeva nel 2015. Nelle condizioni di poter stilare un piccolo “bilancio”, Condividi et Impara è un punto di incontro tra docenti, formatori, insegnanti, genitori e alunni. Le considerazioni che seguono, senza pretendere di essere esaustivi, rappresentano il personalissimo punto di vista di chi scrive.
Con il digitale a scuola, condivisione e apprendimento sono due facce della stessa medaglia: non senza qualche difficoltà e ostacolo, coesistono e evolvono l’una accanto all’altro, in quanto potenzialità di cui la didattica non dovrebbe mai fare a meno. Posto che condividere e apprendere sono due attività facilmente realizzabili anche nel contesto analogico, senza computer né piattaforme digitali, ma solo con carta, penna ed esperienza sul campo, il valore svolto dal PNSD per il futuro del Paese è grande, per varie ragioni:
1 – Informa sull’importanza e dimostra la necessarietà di un’alfabetizzazione digitale che si estenda a tutti, in ogni ambito, rivolta a tutte le età, indipendemente dalla professione o dagli interessi personali, perché di digitalità si compone la quotidianità dei giovani. E se noi siamo quelli a cui i giovani fanno riferimenti, come simulazione ed auspicabilmente emulazione, per gli standard comportamentali, per i valori e per il modo di vedere il mondo, allora alfabetizzarsi digitalmente, se già non lo siamo, è una responsabilità che ha poco a che vedere con la scuola; sconfina dalle aule scolastiche, dai corridoi, dalla segreteria, dall’aula docenti; ha invece molto a che vedere – in quanto grande responsabilità e opportunità per tutti noi, che darà frutti ben visibili quando i ragazzi saranno al di fuori di qualsiasi ambiente formativo. L’alfabetizzazione digitale, come facilmente intuibile dai termini, è un piccolo sguardo, molto spesso fin troppo breve e molto superficiale, al vasto mondo dell’informatica e delle tecnologie, in costante mutazione. Il risultato di una buona alfabetizzazione digitale, secondo me? Il desiderio di conoscere; l’interesse nel capire il funzionamento di ciò che ci circonda; la volontà di approfondire uno o più argomenti specifici; il mettere in pratica il più possibile per perfezionare quanto finora appreso, rivolgendo lo sguardo sempre al futuro.
2 – L’acquisizione di un metodo di lavoro adeguato al digitale deve partire dall’insegnamento: apprendere il digitale va fatto… digitalmente! Con supporti adeguati, in particolare con piattaforme digitali comuni che possano permettere l’avanzamento di tutti i partecipanti-studenti. Perché? Perché analogico e digitale sono paradigmi del nostro mondo completamente diversi, e ogni volta che trasferiamo conoscenze digitali in formato analogico o viceversa stiamo praticando un grande sforzo cognitivo. Ciò non toglie che analogico e digitale non possano funzionare assieme – sono io il primo a far grande uso di supporti analogici per la loro comodità e immediatezza, figuriamoci!! – ma devono essere capiti gli scopi di ogni tecnologia prima di poterne sfruttare al meglio le potenzialità e rispettare al meglio i limiti, sia loro che nostri. Perché come da formatori e da studenti abbiamo (grandi!) limiti e potenzialità, così le tecnologie che usiamo hanno (grandi!) limiti e potenzialità; quindi sta a noi riflettere su quale tecnologia risulti maggiormente idonea in un determinato momento della nostra quotidianità o della nostra vita lavorativa o formativa: una forma mentis, questa, che deve necessariamente scaturire dalla frequentazione di corsi di alfabetizzazione diginale nelle scuole. Tutta questione di metodo, appunto! E – io in primis – abbiamo tutti molta strada da fare ancora!
3 – Causa ed effetto, anche nel digitale, rispecchiano l’essere umano; ovvero, anche se abbiamo le macchine e le tecnologie, siamo noi ad averle pensate, ideate, progettate e realizzate: uno degli aspetti più interessanti del conoscere e impiegare una tecnologia nuova è l’essere consapevoli della sua portata, non in termini immediati, ma di cosa la sua adozione porterà da ora ai prossimi 10 anni. Il PNSD, come tale, è un esperimento audace, ambizioso, di immenso valore sociale nonché formativo, perché sovverte paradigmi che fino ad oggi abbiamo erroneamente creduto confinati all’ambiente scolastico. Vedere il mondo con occhi più “tecnologici” ci permette di responsabilizzarci e consapevolizzarci riguardo ciò che facciamo ora, nell’immediato. Perché con la tecnologia digitale, ciò che facciamo ora, non sarà solo apparentemente attuale tra dieci anni, ma resterà condivisibile e auspicabilmente accessibile a tutti, perché non si cerchi continuamente di reinventare la ruota, ma si possa anche progredire socialmente verso un uso più accorto ed efficiente delle tantissime innovazioni che tuttora ci circondano, ma che non abbiamo ancora osato sfruttare!