Sounds and Music for the perfect Driving Experience

The importance of sonic branding and sound design as a brand distinctive point

Interior sound design with Hans Zimmer

Car Sound Design Master Class

Come trasformare ed evolvere un filing system

Ogni sistema di filing ha un lifecycle, equivalente alla durata della sua utilità per la persona, l’entità o per la società che lo adotta. Esaurita la sua utilità attuale, il sistema di produttività si adegua sottostando alle nuove esigenze: si trasforma in tutto o in parte.

Per evolversi in maggiore o minore complessità, il sistema deve essere prima di tutto decontestualizzato, poichè solo astraendolo dagli elementi che ha gestito, può essere analizzato nella qualità delle sue parti. L’operazione di decontestualizzazione ci permette di lavorare con l’ossatura del nostro sistema di filing: a seconda della sua entità ed articolazione, per effettuare questa procedura bastano carta e penna, o un qualsiasi programma simil-Excel o di mappatura mentale.

In totale astrazione, ricollocati i suoi elementi, rivisitate le sue macroaree di funzionamento, ridefiniti i suoi scopi ed eventualmente adeguata la nomenclatura cui sottostaranno i suoi dati, il sistema è pronto per essere riapplicato: si integra o reintegra l’ossatura del nuovo sistema all’interno del filing system che già usiamo.

Non ci resta che contestualizzare nuovamente il sistema di filing, applicandolo ai nostri contenuti, spostando e riadeguando i files o le loro nomenclature a seconda del nuovo ordine prescelto.

Perché è difficile imparare ad usare un nuovo software? Cosa rende difficile apprendere un nuovo programma?

A seconda del campo in cui di muoviamo per studio o lavoro, apprendere un nuovo software, magari dopo averne studiato uno in modo approfondito, può significare dover percorrere una curva d’apprendimento più o meno elevata e un effort più o meno significativo, per vari motivi:

  • in primo luogo, vi sono l’usabilità e l’accessibilità del programma e della sua interfaccia grafica (o della sintassi per accedere alle sue funzioni, se parliamo di interfaccia da riga di comando);
  • in secondo luogo, vi è la presenza di una comunicazione simile a quella presente in software affini: stesse funzioni, magari con nomenclature leggermente differenti, ma tuttavia facilmente intuibili e riconoscibili per trovare velocemente ciò che serve;
  • in terzo luogo, un software che propone funzioni per un determinato ambito di lavoro più essere molto più facile da apprendere se già conosciamo e usiamo fluidamente un altro software simile. Se l’ambito di cui il software tratta è composto da conoscenze molto verticalizzate e “specialistiche”, la terminologia sarà puntuale e ancora più semplice sarà muoversi fra software di vario genere (ad esempio, tra un software proprietario ed uno open source); discorso differente per un software molto orizzontale e adeguabile a vari casi d’uso (ad esempio un software di scrittura o di fogli elettronici, per i quali l’uso può essere tanto generico quanto specifico, a seconda dell’intento per cui lo usiamo);
  • in quarto luogo, in linea di principio, il concetto di interfaccia tra l’uomo e la macchina presenta un’evoluzione molto lenta poiché, per quanto personalizzabile sia la natura di una periferica e del suo interfacciamento, modularizzabile e sistemizzabile, sia ad alto che basso livello, è piuttosto improbabile che la natura e la fisiologia umana si adattino velocemente a cambi repentini nel modo di concepire l’ergonomia, anche degli spazi di lavoro digitali: non è un caso che ad assunti come “less is more”, o ad interfacce ibridate dal punto di vista del design – dove si usano elementi scheumorfici per elementi meno facilmente intuibili, ed elementi dal design minimale che rimandino ad items più facilmente distinguibili e più familiari per l’utente – vedremo sempre più interfacce e devices adeguarsi alla persona e ai suoi “rituali” quotidiani più semplici: l’atto di controllare l’orologio usando però uno smartwatch, che si attiva prontamente quando una serie di sensori rilevano un’avvenuta rotazione del polso – ne è un esempio; un’impartizione di comandi vocali, che risultino più semplici e “naturali” possibile per la persona segue lo stesso principio: “Siri, quali ristoranti abbiamo in zona?”, “Alexa, che tempo fa oggi?”, “Nomi, metti una canzone rock”;
  • In quinto luogo, se come asseriva Ludwig Wittgenstein “le parole che conosco sono i limiti del mio mondo”, la semantica funzionale che l’interfaccia del mio software presenta deve essere quanto più matura e curata possibile, e laddove non bastino le parole, opportune icone, simboli, segni, forme o colori devono corroborare quanto le parole non possono rendere completamente; tutto ciò che è fraintendibile, deve essere limitato e adeguatamente circoscritto, anche nei limiti della propria interpretabilità. Si potrebbero usare piccoli screenshot, frecce colorate o tutto ciò che aiuta l’utente nel decodificare ciò che il software sta cercando di mostrargli. Pensiamo a quante volte, software differenti usano uno stesso termine per indicare funzioni e entità diverse;
  • In sesto luogo, ogni software prevede un flusso di lavoro. E tale flusso di lavoro presuppone la ripetizione di una sequenza di operazioni e pensieri a cui noi, in qualità di utente, ci atteniamo con più o meno doveroso rigore. Generalmente, quando impariamo ad usare molto bene un programma, alcuni di questi passaggi ed operazioni abbiamo la tendenza a rilegarli in un’area di ripetitività; di minore coscienza e consapevolezza, all’interno del nostro flusso di lavoro: sono operazioni standard, ripetitive, e per questioni di economia tendiamo ad ottimizzare i nostri “pensieri” senza farci troppo caso; è un pò lo stesso meccanismo – del tutto naturale – che si mette in moto quando iniziamo a guidare; inizialmente il cambiare marce e il gioco di frizione/acceleratore richiede attenzione, poi lo trasformiamo in automatismo; ora, l’uso di un software porta con sé degli automatismi sia nel ragionamento, sia nella sequenza di considerazioni logiche con cui traiamo conclusioni e progrediamo nel flusso di lavoro; è normale che ogni programma abbia un flusso di lavoro differente, ed esiga riflessioni differenti, poiché è in quanto software è di per sé un flusso di pensieri codificati applicato in modo diverso, che da sempre risultato alla tecnologia che noi vediamo. Tecnologia, appunto, che è un pensiero (o flusso di pensiero) applicato. Apprendere un nuovo software costa molta fatica se le fasi di lavoro ed i passaggi mentali si discostano fortemente da quelli a cui siamo normalmente abituati; quindi cerchiamo di mantenere un allenamento nel cambiare “contesto” di lavoro e interfaccia, così da non incorrere in un pesante collo di bottiglia quando non abbiamo a disposizione un programma che non è esattamente quello che conosciamo. Quasi mai si possono mitigare i rischi, perché nessuno sa tutto di tanti programmi, ma è doveroso fare del nostro meglio.

Questi punti ci dimostrano, in modo estremamente semplicistico, riduttivo e semplificato, quante varianti intervengano nel nostro processo di apprendimento di un software: se da un lato chiarisce il perché, una volta appreso in profondità un software facciamo difficoltà a passare interamente ad un altro software, dall’altro lato ci offre un piccolo scorcio su quanti aspetti designer e sviluppatori dovrebbero focalizzare al meglio la loro attenzione per rendere quanto più “effortless” possibile il passaggio fra un software ed un altro per i propri clienti e utenti. Dal nostro punto di vista di utenti, non scoraggiamoci nell’imparare un software più o meno complesso: imparare ad usare un nuovo software è una bellissima e costruttiva sfida con noi stessi e con il nostro modo di pensare, poiché è occasione per metterci sempre in discussione; inoltre, più complesso è il software che vogliamo apprendere, maggiore sarà il tempo che dovremo investirci; più tempo è richiesto per apprenderlo, più un software ci darà soddisfazioni quando saremo in grado di usarlo a piacimento, perché allora sarà in grado di concederci grande libertà nel produrre nostri lavori ed elaborati. Generalmente i software più semplici nelle loro funzioni e più facili da apprendere sono anche i più limitati dal punto di vista della creatività e della “duttilità” con cui possiamo usarli. Ultimo dettaglio: ricordiamo di leggere la documentazione, spesso considerata la parte più noiosa dell’apprendimento, e invece la più concentrata e densa per fare passi da gigante (naturalmente deve essere ben leggibile e scritta correttamente)!

Come installare WhatsApp e Telegram su Computer, Smartphone e Tablet

Ormai Whatsapp, Telegram e altre applicazioni di messaggistica istantanea fanno parte del quotidiano, anche per chi non conosce bene l’informatica e da poco ha deciso di avvicinarsi al mondo dei computer. In questo percorso di apprendimento che – ricordiamo, non si conclude mai! – vale la pena riflettere su alcuni aspetti interessanti che facilitano la vita di coloro che, anche se poco esperti di computer, usano quotidianamente e con successo gli smartphone di ultima generazione. Questo è un particolare su cui difficilmente ci si sofferma, ma vale secondo me la pena soffermarsi: con l’ormai sempre più tangibile convergenza delle interfacce desktop e mobile, l’allievo che si avventura oggi nel mondo dei computer, dei tablet e degli smartphone troverà molto agevole il passaggio da un dispositivo all’altro, nell’uso di una stessa applicazione.

Che voglio dire? Voglio dire, per esempio, che se mi ritengo poco bravo con il computer, ma riesco ad arrangiarmi e fare tutto quello che mi serve tramite lo smartphone di ultima generazione (es. messaggiare ad un amico, fare chiamate, acquisti, registrarmi ad un sito, ecc), è ora di iniziare a studiare un nuovo dispositivo. Per esempio, se uso solo il computer, ma non uso lo smartphone, potrei voler approfondire quest’ultimo per conoscerlo meglio. Se invece conosco bene lo smartphone, ma magari trovo ostico il computer, potrebbe essere ora di concentrarmi sull’imparare ad usare il computer.

Cambiare per un pò il proprio “materiale di studio” ci permette di movimentare un pò il nostro percorso di apprendimento autonomo o assistito che sia, e di sperimentare nuove situazioni e difficoltà, che non possono che aiutarmi nel progredire man mano nel mio cammino di studio.

Chiudo questa breve parentesi per proporti un piccolo esercizio, in linea con quanto appena detto: ci sono applicazioni che possiamo installare sia sullo smartphone che sul computer o sul tablet e, indipendentemente dalla periferica che usiamo, ci offrono le stesse identiche funzionalità: insomma, a cambiare è spesso solo la dimensione dello schermo su cui lavoriamo! Ecco perché mi riferivo a Whatsapp e Telegram: sono programmi utilissimi e naturalmente ve ne sono tantissimi altri che vi invito a scoprire autonomamente. Questi programmi ci permettono di messaggiare, scrivere, leggere, condividere direttamente alcuni pensieri, contenuti, riflessioni o chiamare direttamente una o più persone. L’esercizio è il seguente: installare sul computer un programma che stiamo già usando sullo smartphone.

Per svolgere questo esercizio farò riferimento a Whatsapp (un software proprietario) e a Telegram (un software open source), ma il processo che elenco di seguito potrebbe variare leggermente nei passi da seguire in futuro; dopotutto, siti web e applicazioni possono essere aggiornate e con questi aggiornamenti possono variare le diciture, il numero di passaggi da compiere e tantissimi altri aspetti che non sto ad elencare qui. Partiamo:

Come installare WhatsApp per Desktop:

  1. aprire il browser web (Opera, Google Chrome, Mozilla Firefox, Microsoft Edge);
  2. andare sul sito dell’applicazione che vogliamo installare, in questo caso WhatsApp, al link: www.whatsapp.com ;
  3. sul menu di navigazione del sito, premere la voce “SCARICA”;
  4. dovrebbe ora aprirsi una pagina del sito che dice “SCARICA WHATSAPP PER MAC O WINDOWS PC”. Dovremmo anche trovare un tasto con scritto “SCARICA PER WINDOWS”.
  5. si avvierà lo scaricamento del programma. Dopo aver scaricato Whatsapp non resta che installarlo e avviarlo, inserendo poi le credenziali per accedere al servizio. Ovviamente, se il servizio lo abbiamo già attivato sul cellulare, dovremo inserire i dati che ci verranno richiesti (solitamente il numero di telefono collegato all’account personale del programma);
  6. installato il programma, un’icona dovrebbe ora trovarsi sul desktop del computer.

Come installare Telegram per Desktop:

  1. aprire il browser web (Opera, Google Chrome, Mozilla Firefox, Microsoft Edge);
  2. visitare il link https://desktop.telegram.org/ ;
  3. fare clic su GET TELEGRAM for WINDOWS (naturalmente dovremo controllare che la piattaforma per cui stiamo scaricando sia effettivamente quella proposta dal sito. Se così non fosse, dovremo cercare il tasto relativo alla piattaforma in nostro possesso all’interno del sito di ciascuna applicazione;
  4. si avvierà lo scaricamento del programma. Dopo aver scaricato Telegram, non resta che installarlo e avviarlo, inserendo le credenziali per accedere al servizio. Valgono anche in questo caso le indicazioni che davo poco fa per WhatsApp;
  5. installato il programma, un’icona dovrebbe ora trovarsi sul desktop del computer.

Una volta installato un programma, scopriremo che è identico in tutto e per tutto, e sempre aggiornato (in gergo tecnico si dice “Sincronizzato”) con il corrispettivo sullo smartphone in nostro possesso.

Offerte pubblicitarie: come valutarle in totale autonomia (o quasi!)

Tutti, prima o poi, ci imbattiamo nelle proposte delle grandi catene dei magazzini specializzati in materiali di consumo per l’elettronica e, di tanto in tanto, di qualche computer, tablet o smartphone abbiamo bisogno sicuro! Quindi, come muoverci in totale autonomia quando arriva il fatidico momento di scegliere la proposta più adatta a noi,  tra le tante presenti nei cataloghi pubblicitari? Quale computer è migliore? Come comparare alcuni smartphone su cui abbiamo messo gli occhi, ma che aspettiamo ad acquistare, nella speranza che il prezzo cali? Quale tablet dovrei preferire se sono un’insegnante? Quale telefono mi scatta foto migliori rispetto ad un altro?

Chiariamo subito: i prodotti sul mercato hanno ormai talmente tante features che difficilmente troveremo un prodotto totalmente diverso dagli altri. La domanda “quale dispositivo è migliore o peggiore” rispetto ad un altro è mal posta; semplicemente non ha più senso farla: a livello “tangibile”, con la grande raffinatezza e complessità che hanno raggiunto le tecnologie moderne – nonché la iperconvergenza, che ha permesso alcune funzioni un tempo esclusive di una piattaforma, di essere oggi virtualmente accessibili a tutti e tramite qualsiasi dispositivo, specialmente per prodotti basati su servizi internet – non esiste un prodotto migliore e un prodotto peggiore di un altro, dato che, più o meno, riusciremo sempre a fare la stessa identica cosa con tutti i dispositivi che potremmo scegliere. Quindi, uno vale l’altro.

La domanda corretta da farsi è, invece, leggermente più completa: quale dispositivo è quello che più mi rappresenta, è più idoneo alle mie esigenze, e più adatto, visto l’uso che ne farò?

Andiamo per punti: sulla persona, nulla o nessuno può giudicare quale tipo di prodotto mi rappresenta meglio. Per cui, su questo aspetto, il gusto soggettivo non lo batte nulla o nessuno! 🙂

Sulle mie esigenze e sull’uso che andrò a fare di quella periferica ho modo di essere oggettivo, anche osservandomi intorno, e quindi ho modo di scegliere con consapevolezza e più certezza possibile che la tecnologia che acquisto è effettivamente la migliore in questo preciso momento della mia vita, del mio percorso professionale o di studi.

Facciamo alcuni esempi:

Se sono un utente “generalista”, uso il computer per navigare in internet, confrontare offerte, passare il tempo sui social network o semplicemente leggere e scrivere documenti; occasionalmente ritocco qualche foto, provo a montare qualche video e mi cimento con la stampa. Insomma, un determinato “insieme” di esigenze. Considero quindi molto importanti il sistema operativo che andrò ad usare (generalmente preferendo il più aggiornato tra quelli che propone la softwarehouse), nonché CPU e RAM.

Se sono un grafico o un fotografo, userò il computer principalmente per lavorare con programmi di elaborazione grafica, e la mia preoccupazione principale, a parte rendere gli scatti e gli elaborati quanto più belli esteticamente possibile, sarà consegnare ai miei clienti un elaborato che anche nei loro schermi, nei loro telefoni, nei loro computer e nelle loro televisioni si veda allo stesso modo di come lo vedo io, che mantenga più possibile gli stessi colori e le stesse tonalità e saturazioni cromatiche. A gestire i colore sono principalmente scheda grafica e monitor del computer, e quindi cercherò di investire o perlomeno prestare attenzione alle caratteristiche di questi componenti. Ovvio che anche la CPU e la RAM devono essere adeguatamente potenti per non creare un collo di bottiglia al processing grafico.

Se sono un gamer o con il computer ci lavoro professionalmente, o comunque mi interessa avere un computer con il meglio che la tecnologia può offrirmi – con le componenti hardware top di gamma, ecc – avrò un altro insieme di esigenze perché potenza e velocità devono andare di pari passo con l’accurata riproducibilità dei colori sul mio schermo, per poter vivere un’esperienza d’uso – di gioco, ma questo vale anche per chi col computer deve lavorarci tutto il giorno – più immersiva e realistica possibile. Quindi CPU, RAM, Scheda Grafica, Monitor e il migliore hardware che posso trovare in circolazione (ad esempio il Case del computer, un buon impianto di raffreddamento o dei dissipatori di alta gamma, ecc), nonché mouse, tastiera super accessoriati e con particolari rifiniture ergonomiche saranno di mio interesse.

Ad entrare in gioco, oltre a questi aspetti, sono anche la tipologia di software o hardware specifico che devo usare (che può decisamente indirizzarmi verso alcune scelte più precise) per lavoro o meno.

Queste ovviamente sono indicazioni di massima, utili sicuramente se mi avvicino da poco al mondo dei computer. Non possono certamente essere esaustive! Oltre a quanto ho scritto, ti suggerisco di rivolgerti a personale ben qualificato in negozio, magari facendoti accompagnare da un amico che sia in grado di capire, valutare e chiedere adeguatamente per tuo conto, o dietro tua indicazione, le informazioni che puoi comunicare o vuoi sapere dall’assistente di negozio se tu ti senti poco competente in materia. Non posso che proporti anche di cercare di capire in totale autonomia – magari studiando un pò di materiali online e fare ricerche tra forum e guide online – il funzionamento di alcuni componenti, capirne gli sviluppi delle nuove versioni; per ultimo, ma forse la proposta più interessante, una risorsa a mio avviso eccellente se vuoi acquisire qualche nuova competenza è il riferirsi ad un’associazione in cui possono esservi soci molto più competenti di noi, così da introdurci ad un mondo nuovo, magari illustrandoci anche aspetti che non avevamo inizialmente valutato.

La Tastiera: come conoscerla e usarla su Computer, Smartphone e Tablet

Come impratichirsi e imparare a usare la tastiera del computer, dello smartphone o di altri dispositivi, per sfruttarne al meglio tutte le potenzialità?

Partiamo dal presupposto che una tastiera serve per scrivere e, a volte, ha più o meno funzioni accessorie, in base al contesto d’uso nel quale la usiamo. Ad esempio, con il tastierino di uno sportello bancario posso digitare sequenze di numeri e ho a mia disposizione una serie di comandi inerenti alle attività di banca (conferma pin, cancella cifra digitata, menu, ecc). Contando nel mondo delle tastiere molto più la sostanza (che in questo caso è il contesto d’uso) che la forma (cioè le dimensioni dei caratteri a schermo, la leggibilità delle parole, la facilità di consultazione, ecc), se ti chiedi quale sia il modo migliore per imparare a usare la tastiera del computer, la risposta è: usala, regolarmente, ma usala.

A seconda del dispositivo, la tastiera sarà leggermetne diversa, vuoi per la “metodica” con cui viene realizzata, vuoi per le potenzialità che il marchio da cui hai acquistato vuole proporre maggiormente, vuoi per il contesto d’uso o il supporto che, ad esempio, se analogico presenterà alcune “sfide” e modalità d’uso; se touchscreen, presenterà altre “sfide” e un diverso tipo di modalità interattiva. Provo a ripetere, semplificando: una tastiera sullo smartphone e una tastiera del computer portatile hanno la stessa funzione, ma ognuna la si usa in modo diverso e agevolerà – a seconda della sua dotazione – alcuni movimenti o alcune operazioni a proprio modo. Ad esempio, sulla tastiera touch di un qualsiasi tablet o smartphone, alcuni tasti possono acquisire funzioni differenti e presentare scritte diverse man mano che ci troviamo in contesti d’uso diversi (es. stiamo scrivendo una mail – e qui diverrà prontamente visibile la chiocciola (cioè questa: @) o salvando un contatto telefonico nella nostra rubrica); se dovessimo cercare la chiocciola sulla tastiera di un computer, probabilmente non la troveremmo nello stesso posto, essendo – almeno nelle tastiere italiane – posizionata in una zona vicina al tasto INVIO / ENTER.

Oltre ad essere inizialmente un esercizio mnemonico, nei primi giorni in cui conosciamo un nuovo strumento cerchiarmo di ricordarci dove sono posizionati i tasti oppure, se non conosco cosa significa una determinata dicitura presente su uno dei bottoni, la cerco su Google.

Dopo i primi giorni di utilizzo e familiarizzazione, la tastiera la si usa in maniera estremamente automatica; il conoscerne al meglio le possibilità e potenzialità ci permette di essere più fluenti nel suo uso e di adattarci con maggior facilità ad una nuova tastiera, semmai in futuro dovessimo cambiare dispositivo o magari usare un computer diverso dal nostro. C’è da dire che solo cercando su Google, diciamo 10 minuti al giorno, scrivendo e consultando pagine web, l’uso della tastiera è costantemente esercitato. Se poi vogliamo esercitarci nella videoscrittura, non ci resta che installare LibreOffice (o utilizzare gDocs, o Microsoft Office per coloro che possono permetterselo) e scrivere, scrivere, scrivere. Se nel caso delle suite d’ufficio (Office di Microsoft per intenderci, o LibreOffice, o OpenOffice, per chi lo avesse sentito dire) usiamo la tastiera in maniera veloce, io suggerisco sempre di scoprire tutte le funzionalità della tastiera capendo come usare e sfruttare al meglio i suoi cosiddetti “Tasti speciali”. Perché le lettere del nostro alfabeto le usiamo sempre; i tasti speciali e i simboli li usiamo un pò meno, invece. Cerchiamo ad esempio di capire il significato di termini come CTRL, ALT, ALTGR, FN, INVIO/ENTER, ESC, CANC, FINE, HOME, STAMP, RSIST, ecc. capendo non solo perché si chiamano così, ma magari anche capire il perché in passato si usavano con lo stesso nome, oppure quali altri appellativi avevano.

Per una brevissima introduzione, ho anche parlato in altre occasioni dell’uso della tastiera, per esempio in questi articoli:

Scrivere al computer: conoscere la tastiera per digitare veloce e bene

Scopriamo i comandi Copia, Taglia, Incolla, Annulla e Seleziona

Concludo suggerendo un esercizio semplice: per imparare le basi, è sufficiente partire dalle basi, anche della videoscrittura. Quindi, quando ci troviamo sul desktop del computer, ad esempio, facendo click con il tasto destro del mouse in un punto vuoto dello schermo (cioè dove non vi sia nessuna scritta, nessun tasto o nessuna icona che si colori se premiamo), comparirà un menu a tendina; tra le sue voci, seleziona “nuovo” e quindi clicca col tasto sinistro la voce “Documento di Testo”. Il documento di testo, anche detto “blocco note” è un programma semplicissimo che ci permette di muovere i primi passi con la digitazione senza dover necessariamente installare alcun programma molto complesso. Quando ci saremo poi impratichiti con qualche ricerca e siamo un pò più confidenti con l’uso della tastiera sarà possibile avventurarci sempre più avanti, verso operazioni decisamente più complesse e molto più “avanzate”.

Cosa fare e come muoversi in caso di disservizio del provider o del sito web, posta elettronica o linea telefonica

“Non riesco ad accedere alla posta elettronica”, “Non riesco ad accedere al sito web” “Non riesco ad accedere al mio social network preferito”. Cosa faccio?

A volte può capitare che il nostro fornitore di servizi web, hosting o semplicemente il nostro servizio di posta elettronica riscontri un disservizio momentaneo. In gergo tecnico questa condizione di servizio la si definisce “down” (contrario di “up”, con cui si intende che l’erogazione del servizio sia funzionante e tutto proceda regolarmente) e può verificarsi di tanto in tanto, e di solito in modo impercettibile: per esempio, quando tentiamo di accedere ad un sito web il nostro programma di navigazione web può restituirci un errore, tramite una pagina apposita o una consueta schermata 404 o di altro codice; questo può succedere anche quando tenti di accedere all’interfaccia di gestione del tuo provider di posta elettronica, oppure quando si accede correttamente al servizio di posta elettronica ma la posta non arriva e non parte, e di conseguenza non possiamo leggere nuovi messaggi in arrivo né tantomeno mandarne. Normalmente il servizio viene ripristinato nel giro di qualche tentativo (quindi, diciamo nel giro di pochi secondi o al massimo di qualche decina di minuti), ma non sempre questo accade, poiché i rischi che possono colpire il nostro fornitore sono molti, alcuni semplici e altri molto complessi e che possono richiedere tempo perché tutto il servizio venga correttamente ripristinato.

In qualità di utenti e clienti su cui questi disservizi possono ripercuotersi indirettamente, e non solo se abbiamo un sito web oppure un servizio di posta elettronica personale registrata presso Aruba, OVH o qualsiasi altro operatore, è piuttosto frequente che risulti impossibile controllare le notifiche di Whatsapp sul nostro smartphone in un preciso momento della giornata; oppure riscontrare un errore insolito nel tentativo di accedere o aggiornando il flusso di notizie (la cosiddetta “Timeline”) erogato tramite la app di Facebook, Telegram, Instagram o di qualsiasi altro “colosso” social media. Da semplici utenti “privati” il servizio di registrazione a questi portali di solito è gratuito e si sfruttano account di posta elettronica completamente gratuiti (vedi i classici gmail, hotmail, live, msn, virgilio, tin, libero, alice, tim, e via dicendo) per cui il problema non diventa un danno economico, diverse sono le dinamiche che un disservizio può innescare quando siamo gestori di un’attività (ad esempio abbiamo uno studio associato, un’azienda, un albergo, un ristorante, una pizzeria) che si interfaccia al pubblico attraverso un unico indirizzo di posta elettronica, un unico nome a dominio per il sito web o un unico numero di telefono.

Cosa succede se il momentaneo disservizio capita in un momento della giornata in cui si ricevono o evadono ordini, oppure si accettano prenotazioni per il nostro studio o per il nostro ristorante? Posto che la casistica è davvero molto ampia e impossibile da coprirla esaustivamente tutta in pochi paragrafi, posso però fornire qualche indicazione di massima, così da potersi muovere in autonomia se necessario, o perlomeno capire da cosa dipende il disservizio e quindi arginare momentaneamente o bypassare l’inconveniente. Ci sono casi di malfunzionamento in cui il disservizio viene – di solito – comunicato ampiamente e con largo anticipo: per esempio, dal gestore del servizio della banca online o di altri portali “istituzionali” di cui la “chiusura momentanea” viene anticipata e comunicata ampiamente. In tal caso, ovviamente, non si tratta di disservizio, ma semplicemente di manutenzione regolare dei servizi che non permette l’uso di un applicativo o delle funzionalità che il servizio ci mette a disposizione normalmente.

Fatta chiarezza su questi punti, e visto che è importante prepararsi al meglio per far (anche) fronte a queste circostanze che, per carità, capitano di rado, ma possono potenzialmente accadere prima o poi, vediamo quali passi che possiamo effettuare in totale autonomia per metterci al sicuro o perlomeno affrontare nel migliore dei modi il disservizio momentaneo:

Riscontrando il problema solo con la linea telefonica, è sicuramente buona idea contattare immediatamente il numero verde nel nostro fornitore di linea per ricevere assistenza e informazioni in merito; c’è da dire che oggi, se non funziona la linea telefonica, difficilmente funzionerà anche internet, funzionando la maggior parte dei servizi su tecnologia VoIP. In questo caso, il malfunzionamento della linea telefonica spesso condizionerà anche il funzionamento di internet e l’accesso alla posta elettronica.

Riscontrando il disservizio solo con la posta elettronica, che non permette di accedere oppure non riceve e non invia messaggi, ci si può muovere in vari modi, a seconda della nostra situazione: se l’indirizzo di posta che stiamo usando è stato registrato gratuitamente ed è fornito gratuitamente da un qualsiasi provider (poco sopra accennavo a gmail, hotmail, live, msn, virgilio, tin, libero, alice, tim, ma ce ne sono davvero tantissimi) allora è possibile che il provider stia già intervenendo mitigando i disservizi e riporterà la situazione alla stabilità per tutte le persone che usano il vostro stesso servizio nel giro qualche minuto od ora se la situazione è facilmente risolvibile; al massimo si potrebbe dover attendere il giorno seguente perché tutto sia ripristinato correttamente, ma solo in casi proprio “catastrofici” (es. incendi di server farm con la conseguente distruzione di server e dispositivi, storage e cavi oppure situazioni di blackout elettrici dovuti ad altre problematiche tecniche o naturali, ma la casistica è davvero ampia). Se il servizio di posta elettronica è quello “aziendale” e quindi significa che abbiamo pagato per avere l’account di posta e paghiamo regolarmente ogni anno per rinnovare la funzionalità, allora possiamo contattare direttamente il nostro provider di fiducia, che eroga tale servizio e informarci sulle sue attività e se le funzionalità del suo servizio sono tutte correttamente erogate. Ogni provider ha alcune pagine del suo sito dove pubblicamente mostra i dati relativi alla “condizione” dei suoi servizi (web, posta, ecc); il linguaggio è naturalmente tecnico ma vale la pena prendere confidenza con questo strumento se volete essere autonomi e rendervi conto di cosa sta succedendo in un preciso momento o come sta venendo risolto e in quali tempistiche tornerà operativo il servizio. Pagine di questo tipo sono così: https://www.ovh.it/community/status/

Riscontrando il disservizio con il solo sito internet, è buona idea contattare il provider che fornisce l’hosting al nostro sito internet. Ovvio che, nel caso di un sito gestito autonomamente su un server di un’azienda o di un libero professionista, ci si dovrà rivolgere direttamente alla persona o all’azienda che ci forniscono questo servizio, così da ricevere informazioni sulla natura del malfunzionamento ed eventuale assistenza tecnica. In generale, per accertarci che un sito stia funzionando correttamente possiamo consultare un portale chiamato “Is it Down Right Now”, visitabile al link: http://www.isitdownrightnow.com/ dove possiamo capire cosa sta succedendo, da quanto tempo e forse anche intuire per quanto tempo durerà l’inconveniente. Se il servizio dovesse risultare correttamente funzionante, significherebbe che il problema non è del sito che vogliamo visitare ma nella nostra connessione internet (ad esempio c’è un firewall che vieta la navigazione diretta verso uno specifico sito) o delle configurazioni della nostra linea oppure di una limitazione momentanea del dispositivo da cui stiamo navigando (per esempio, uno smartphone di qualche anno fa).

Riscontrando il disservizio con sito internet e account di posta elettronica è buona idea contattare il fornitore che ha curato l’ideazione, la progettazione, la creazione e lo sviluppo del sito web e registrato per nostro conto il sito su uno specifico provider di servizi web e registrat, sempre tramite questo provider probabilmente, il nostro account di posta elettronica aziendale. In questo caso, consiglio sempre di tenere un appunto di chi è il nostro fornitore di hosting (per esempio Aruba, OVH, Bluehost, Hostgator, ce ne sono tantissimi), quale è il nostro indirizzo email aziendale e tramite quali parametri possiamo accederci per ricevere e inviare posta comodamente dal nostro programma (email client) di posta preferito (ce ne sono tantissimi, da Thunderbird di Mozilla a Outlook di Microsoft), sia su un qualsiasi computer desktop oppure sul nostro smartphone. Questi parametri e valori di accesso e configurazione possono non limitarsi alle sole credenziali (nome utente e password) degli account o del dominio, ma possono anche essere parametri precisi che permettono la configurazione ottimale dei dispositivi da cui ci connettiamo, ed è quindi bene averle sempre a disposizione in un posto sicuro. Nel caso in cui il fornitore del nostro pacchetto “sito + indirizzo email aziendale” non possa aiutarci in maniera esauriente, possiamo sempre far riferimento al provider del servizio e informarci autonomamente di quali passi od operazioni è bene compiere per ripristinare tutto.

In conclusione, un disservizio prima o poi si risolve SEMPRE, a meno che non venga chiaramente comunicato e non precluda a una chiusura definitiva del servizio – ma questa possibilità viene SEMPRE ampiamente comunicata in molte forme tramite i canali istituzionali. Questo articolo naturalmente non può essere completo e sempre aggiornato con ogni singola casistica quindi, mi raccomando, consideralo un punto di partenza!

Il Digitale a Scuola: i valori della Condivisione e dell’Apprendimento

(La versione originale di questo mio articolo è pubblicata sul blog Condividi et Imparaquesto il link all’articolo originale)

Portare il digitale a scuola sotto forma di nuovi spazi educativi, ma anche soprattutto di nuove competenze e conoscenze e di formazione per i nostri insegnanti era l’auspicio – ambizioso ma secondo chi scrive raggiungibile – con cui il PNSD si proponeva nel 2015. Nelle condizioni di poter stilare un piccolo “bilancio”, Condividi et Impara è un punto di incontro tra docenti, formatori, insegnanti, genitori e alunni. Le considerazioni che seguono, senza pretendere di essere esaustivi, rappresentano il personalissimo punto di vista di chi scrive.

Con il digitale a scuola, condivisione e apprendimento sono due facce della stessa medaglia: non senza qualche difficoltà e ostacolo, coesistono e evolvono l’una accanto all’altro, in quanto potenzialità di cui la didattica non dovrebbe mai fare a meno. Posto che condividere e apprendere sono due attività facilmente realizzabili anche nel contesto analogico, senza computer né piattaforme digitali, ma solo con carta, penna ed esperienza sul campo, il valore svolto dal PNSD per il futuro del Paese è grande, per varie ragioni:

1 – Informa sull’importanza e dimostra la necessarietà di un’alfabetizzazione digitale che si estenda a tutti, in ogni ambito, rivolta a tutte le età, indipendemente dalla professione o dagli interessi personali, perché di digitalità si compone la quotidianità dei giovani. E se noi siamo quelli a cui i giovani fanno riferimenti, come simulazione ed auspicabilmente emulazione, per gli standard comportamentali, per i valori e per il modo di vedere il mondo, allora alfabetizzarsi digitalmente, se già non lo siamo, è una responsabilità che ha poco a che vedere con la scuola; sconfina dalle aule scolastiche, dai corridoi, dalla segreteria, dall’aula docenti; ha invece molto a che vedere – in quanto grande responsabilità e opportunità per tutti noi, che darà frutti ben visibili quando i ragazzi saranno al di fuori di qualsiasi ambiente formativo. L’alfabetizzazione digitale, come facilmente intuibile dai termini, è un piccolo sguardo, molto spesso fin troppo breve e molto superficiale, al vasto mondo dell’informatica e delle tecnologie, in costante mutazione. Il risultato di una buona alfabetizzazione digitale, secondo me? Il desiderio di conoscere; l’interesse nel capire il funzionamento di ciò che ci circonda; la volontà di approfondire uno o più argomenti specifici; il mettere in pratica il più possibile per perfezionare quanto finora appreso, rivolgendo lo sguardo sempre al futuro.

2 – L’acquisizione di un metodo di lavoro adeguato al digitale deve partire dall’insegnamento: apprendere il digitale va fatto… digitalmente! Con supporti adeguati, in particolare con piattaforme digitali comuni che possano permettere l’avanzamento di tutti i partecipanti-studenti. Perché? Perché analogico e digitale sono paradigmi del nostro mondo completamente diversi, e ogni volta che trasferiamo conoscenze digitali in formato analogico o viceversa stiamo praticando un grande sforzo cognitivo. Ciò non toglie che analogico e digitale non possano funzionare assieme – sono io il primo a far grande uso di supporti analogici per la loro comodità e immediatezza, figuriamoci!! – ma devono essere capiti gli scopi di ogni tecnologia prima di poterne sfruttare al meglio le potenzialità e rispettare al meglio i limiti, sia loro che nostri. Perché come da formatori e da studenti abbiamo (grandi!) limiti e potenzialità, così le tecnologie che usiamo hanno (grandi!) limiti e potenzialità; quindi sta a noi riflettere su quale tecnologia risulti maggiormente idonea in un determinato momento della nostra quotidianità o della nostra vita lavorativa o formativa: una forma mentis, questa, che deve necessariamente scaturire dalla frequentazione di corsi di alfabetizzazione diginale nelle scuole. Tutta questione di metodo, appunto! E – io in primis – abbiamo tutti molta strada da fare ancora!

3 – Causa ed effetto, anche nel digitale, rispecchiano l’essere umano; ovvero, anche se abbiamo le macchine e le tecnologie, siamo noi ad averle pensate, ideate, progettate e realizzate: uno degli aspetti più interessanti del conoscere e impiegare una tecnologia nuova è l’essere consapevoli della sua portata, non in termini immediati, ma di cosa la sua adozione porterà da ora ai prossimi 10 anni. Il PNSD, come tale, è un esperimento audace, ambizioso, di immenso valore sociale nonché formativo, perché sovverte paradigmi che fino ad oggi abbiamo erroneamente creduto confinati all’ambiente scolastico. Vedere il mondo con occhi più “tecnologici” ci permette di responsabilizzarci e consapevolizzarci riguardo ciò che facciamo ora, nell’immediato. Perché con la tecnologia digitale, ciò che facciamo ora, non sarà solo apparentemente attuale tra dieci anni, ma resterà condivisibile e auspicabilmente accessibile a tutti, perché non si cerchi continuamente di reinventare la ruota, ma si possa anche progredire socialmente verso un uso più accorto ed efficiente delle tantissime innovazioni che tuttora ci circondano, ma che non abbiamo ancora osato sfruttare!

Quale differenza c’è tra Scaricare e Aprire un File?

Quante volte ci siamo sentiti dire: “non scaricare files da internet, che altrimenti il computer si infetta e bisogna portarlo in assistenza!“. Sappiamo che durante la navigazione sul web è facile incorrere in files scaricabili. Che siano documenti, foto, allegati, software, poco importa: dobbiamo sempre prestare attenzione alla sicurezza nostra e dei nostri dispositivi. Proprio per questo, ritengo utile fare un pò di chiarezza, specialmente per coloro che al computer ci si stanno avvicinando da poco, sul cosa si intende con “aprire un file” e “scaricare un file”, e in cosa questi due concetti differiscono sostanzialmente.

Scaricare un file da internet significa salvare tale file nel disco fisso del nostro computer tramite un’operazione di “copiatura” esatta. Il nostro computer, tramite il segnale di internet (che sia segnale senza filo, cioè la cosiddetta connettività wireless, oppure tramite il cavo ethernet con cui il computer si può fisicamente connettere al modem), riceve tutti i “pezzetti” di memoria che comporranno il file a scaricamento completato. Al termine del processo di salvataggio del file (cioè quando il processo di completamento del salvataggio raggiunge il 100%), le varie parti/porzioni si unificheranno in un solo file, che noi potremo trovare sul nostro pc come archivio, documento, foto o software eseguibile. Ora, il processo di salvataggio implica che il file risulti si scaricato, ma NON APERTO. Scaricare equivale a salvare il file, da internet sul nostro computer o dispositivo. Salvare e Scaricare possono talvolta equivalersi, quindi suggerisco di cercare di interpretare di volta in volta il vero significato del termine, finché non si diverrà più confidenti con la terminologia.

Aprire un file significa che il file scaricato possa essere “lanciato”, cioè avviato. Aprire un documento, ad esempio, significa far si che il programma predisposto a leggere tale documento si avvii (si lanci, in gergo tecnico, ovvero “diventi funzionante”) e apra immediatamente il documento, per farci leggere il suo contenuto. E’ questo processo di apertura che permette alle cosiddette “infezioni informatiche” e in generale a malware, spyware e virus di attivarsi nel nostro sistema. Questo perché l’aprire o lanciare un file, significa avviare una serie di operazioni che, a seconda della bontà del codice, possono risultare neutre o nocive per il nostro computer. Ecco perché NON è lo scaricamento in sé ad essere pericoloso: lo scaricamento dei files non innesca la maliziosità del software. Ad innescare un’infezione del computer è solo l’apertura. Quindi, mi raccomando, aprite i files solo quando siete sicuri che non siano infetti, magari scansionandoli singolarmente con un software antivirus.

In alcuni casi ci può venir chiesto se vogliamo Salvare e Aprire un file, oppure Scaricare e aprire. Questa soluzione va SEMPRE EVITATA, poiché potrebbe scaricare e avviare un file di cui non possiamo contrastare l’attività “malevola” nel caso in cui possa avviarsi contenendo un malware.

Posta Elettronica più sicura: evitare la spam sapendo cosa fare quando incontriamo un link

Non clicchiamo MAI sui link che troviamo all’interno del messaggio email. MAI CLICCARE SU UN LINK di una MAIL che siamo restii a considerare attendibile. Meglio non cliccare su nulla, neanche sbadatamente. Meglio cancellarla se non siamo sicuri che la persona ci abbia realmente scritto. Ripeto che, per accertarci che una persona ci mandi messaggi veramente, può essere il caso di telefonarle e chiederle se ci ha scritto. In questa maniera potremo essere sicuri di non star commettendo un errore di valutazione. I link costituiscono argomento molto complesso e variegato e ne parlerò sicuramente in futuro in modo più dettagliato e arioso.